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Lui & Lei

Immagini dalla sessualità - Parte 7


di Drew75
28.03.2025    |    20    |    0 6.0
"Avevo intrapreso un percorso che mi aveva portato ad essere quel che ero, senza fronzoli o menzogne..."
Finito il weekend, a casa trovai mia moglie sul divano davanti a una delle sue serie TV da quarantenne disperata, io lascio te, lui lascia me, il brutto anatroccolo incontra il principe azzurro, il principe azzurro cade da cavallo e rimane in carrozzina, il brutto anatroccolo si trasforma in una sorta di wonder woman che combatte contro tutti gli stereotipi e le difficoltà, alla fine il principe azzurro si butta dal balcone e tutti giù a piangere. Mi sedetti vicino a lei e finsi un blando interesse per quello che passava sullo schermo.
"Come è andato il fine settimana?" mi chiese.
Mentii spudoratamente: "I miei amici sono diventati vecchi. Parlano solo di quello che hanno mangiato, di quello che stanno mangiando e di quello che mangeranno. Non sono più minimamente divertenti come un tempo." a quelle bugie mi sentii bruciare il culetto. Mi mossi un po’ su divano per trovare una posizione migliore.
"Spero che ti sia almeno rilassato." continuò lei senza levare gli occhi dalla TV.
"Quello sì. Non avevo nulla a cui pensare. Mi sono lasciato penetrare dalla tranquillità del luogo" - avrei voluto dire pervadere ma un lapsus, che a sproposito di definisce freudiano, mi fece uscire quel termine che tanto avevo apprezzato a casa di Davide ed Enrico. Sperai che Clara, impegnata com’era nel programma televisivo, non si avvedesse di quel piccolo errore. Eppure, nonostante la poca eleganza di mia moglie in quel momento, nonostante la mia oramai appurata tendenza omosessuale e nonostante la tristezza della trasmissione in TV, mi venne voglia di scoparla, lì, seduta stante, senza troppe manfrine. Mi ci accoccolai vicino e iniziai il corteggiamento da pavone in amore.
"Ma che fai?" iniziò schermandosi lei "Non è il momento. È pomeriggio."
"È sempre il momento per te." le dissi mentre le sfilavo quello sformato cardigan da casa.
"Non ho nemmeno fatto i peli." cercò di scansarsi ancora. Io ripensai alle moli di Enrico e Davide, omoni coperti di peli dalla testa ai piedi. Non era quello un buon argomento per frenare la mia passione.
"Sei gnocca lo stesso." conclusi gettandomi tra i suoi seni che avevo scovato sotto gli strati di stoffa che aveva indosso. Leccai un capezzolo e poi l’altro massaggiando una tetta alla volta. Clara, dopo una breve resistenza e qualche debole tentativo di allontanarmi, si abbandonò ai miei assalti e infilò le mani sotto la mia maglia per graffiarmi delicatamente la schiena con le unghie. Nonostante i ripetuti amplessi avuti nel weekend insieme a Davide ed Enrico, mi sentivo prestante e, dentro gli slip, il mio uccello pulsava di pieno desiderio. Spogliai mia moglie con foga e mi tuffai su quel fiore dalla peluria curata che nascondeva tra le cosce. Sentii il suo sentore di femmina e il suo calore di donna eccitata, cercai di essere delicato nel leccarla, sapevo che non sopportava la troppa foga che ogni spesso ci mettevo in quella pratica. Amavo immergermi completamente nella caverna umida delle donne, avrei voluto affogarci dentro in una sorta di ritorno alle origini, una nascita al contrario. Le stuzzicai il clitoride con la punta della lingua, lo feci a lungo, come le piaceva, quasi succhiandolo come fosse un piccolo cazzo. Man mano che la sua eccitazione cresceva, le labbra della sua vagina si gonfiavano e si aprivano davanti al mio viso; sollevandole un po’ il bacino scesi anche a leccarle quella parte misteriosa tra l’ano e figa. Sapevo che non lo amava, infatti mi prese per i capelli e mi sollevò, forse anche per evitare di venire e perdere la passione che aumentava in lei. Mi trovai all’altezza perfetta, il cazzo davanti alla vulva dilatata e lubrificata, pronta ad accoglierlo. Avrei voluto che mi spompinasse un po’ ma avevo troppa voglia di scoparla per attendere, appoggiai la cappella e venni risucchiato nel suo ventre bollente. Mi sentii avvolto dal suo sesso come in un fuoco di voluttà, il mio pene inondato dai caldi umori della sua figa. Affondai fino alla radice e spinsi fin quando non riuscii ad andare oltre. Avrei voluto che le arrivasse fino in gola, che riuscissi a farla soffocare di piacere. Le sollevai le gambe fino alle mie spalle e le strinsi a me. Lei raggiunse i miei lombi e ci affondò le unghie. Uno scatto di adrenalina pura raggiunse il mio cervello e temetti di venirle dentro senza nemmeno fare un movimento. Resistetti all’impulso concentrandomi sulle macchine che passavano fuori dalla finestra, immaginai le persone su quelle auto, amanti che litigavano, bambini che frignavano, uomini soli che pensavano esclusivamente al lavoro, donne indaffarate per sistemare ogni minuzia della famiglia. Funzionò e ricacciai l’orgasmo là da dove stava per venire. Avrei potuto iniziare a chiavarla come si deve. Lo feci prima lentamente permettendo ai nostri sessi abituarsi l’uno all’altro, entrando fino in fondo e uscendo quasi completamente. Ad ogni inizio di affondo sentivo la cappella in fiamme di piacere. Sotto di me vedevo il volto di Clara distorto dalla lussuria, sicuramente percepiva la mia estrema eccitazione e di conseguenza ne veniva circonfusa. La sua vulva era un bagno di umori che mi permettevano movimenti fluidi e precisi che strappavano gridolini di godimento dalla bocca di mia moglie. Io sbuffavo e mi concentravo sulle auto in strada perché volevo far proseguire quell’amplesso all’infinito. Avevo i suoi piedi, bellissimi piedi, ai lati del viso. Mi voltai verso destra e inizia a leccarne uno, riuscii persino ad infilarmi il suo alluce in bocca e lo succhiai come facevo con l’uccello dei miei amanti. L’idea di avere tra le labbra un bel fallo duro e pronto a schizzare mentre scopavo Clara mi fece perdere il punto di decisione sulle auto e sentii l’orgasmo bussare prima alle palle e poi a tutta l’asta. Lo annunciai a mia moglie che mi disse: "Togliti!" avevamo già un figlio e ci bastava. Estrassi l’uccello e le sborrai copiosamente sulla pancia. Mi chiesi se anche a lei faceva lo stesso effetto che provavo io quando del seme estraneo riscaldava la mia pelle. Lo sperai ardentemente per lei. Appoggiandole il cazzo, che si andava smosciando, sul monte di Venere le spalmai il mio sperma sul ventre, poi rotolai al suo lato.
Clara mi mise le braccia al collo e mi accarezzò, sperai che fosse soddisfatta quanto me di quella improvvisata pomeridiana. Evitai di chiederglielo ma dalla tenerezza che nasceva dalle sue mani sulla mia cute immaginai di sì. Ripresi fiato mentre una miriade di immagini legate dalla sessualità che avevo iniziato a vivere quella sera lontana al Grand Hotel mi scorreva davanti agli occhi della memoria. Rividi la testa pelata dell’uomo in ginocchio davanti a me, Edo con il suo uccello lungo lungo, la prestanza dominante di Diana con la sua collezione di dildo, la carne trabordante di Viola con i suoi rituali anticipatori dell’amplesso, i miei due nuovi amanti pelosi e anche tutte le donne che occasionalmente avevo abbordato. Mi sentivo bene con me stesso e poco m’importava di quello che pensavano gli altri o la parte borghese che albergava ancora dentro di me. Avevo intrapreso un percorso che mi aveva portato ad essere quel che ero, senza fronzoli o menzogne. Avevo impiegato molti anni a capirmi e ad accettarmi ma finalmente ero giunto ad uno stato di grazia.
"Hai mai pensato al sesso anale?" chiesi a Clara così, a bruciapelo, ben sapendo cosa pensava di quella pratica. Lei bloccò le sue dita su di me e mi guardò fisso, allontanando un po’ il viso e il corpo dal mio.
"Ma sei scemo? Non ci pensare nemmeno." e sbuffò quasi stizzita.
"Non parlavo di te. Pensavo a me. Al mio, di culo." dissi tra il serio e il faceto.
Lei mi guardò stupita e dubbiosa, poi decise che stavo dicendo una delle mie solite stupidate che rasentavano il disgustoso e mi liquidò con una risata. "Sei sempre il solito."
Lasciai passare qualche minuto immersi nel ronzante silenzio della TV e poi mi diressi in bagno. Sul bidet raggiunsi il mio povero buco di culo martoriato dal fine settimana bear e il mio uccello sovraccaricato dalle troppe emozioni. Gli rifilai due schiaffetti e poi lo infilai sotto il getto di acqua fredda.
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